donna che allatta tigre di un parco safari

Marta, la tigre di un parco safari nel cuneese che ho allattato

Sì, hai capito bene, questa è la storia di Marta, la tigre di un parco safari in Piemonte che ho allattato. Ed è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Non so se mai mi ricapiterà una occasione simile. Purtroppo all’epoca (era il 1993) non c’era internet, quindi ho dovuto riprodurre la foto: spero si chiaro che ero la persona più felice del mondo. Si chiamava Marta, aveva grandi gommini, zampe enormi, un muso dolcissimo, tanta voglia di giocare e mangiare e sempre felicissima di vedermi. Insomma Marta, alla fine, era un pet solo un po’ più grande. Leggi la storia.

Marta: la tigre di un parco safari che ho allattato

Marta non era mia, ma di un mio caro amico la cui famiglia aveva e credo abbia ancora un Parco Safari  in provincia di Cuneo, e precisamente a Murazzano. Che per 19 anni ha rappresentato il mio luogo di villeggiatura, quando le vacanze duravano tre mesi. A volte ci penso. Penso a come siano davvero cambiati i tempi. Una volta si partiva per le vacanze a metà giugno e si tornava a metà settembre e nel mio caso si andava in villeggiatura nelle Langhe. Che già sembrava una grande conquista.

“Alla tua età devi correre dietro agli uomini non alle tigri”

Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con mia mamma, litigavamo sempre, ma ci volevamo un bene immenso. A 20 anni mi sedevo ancora in braccio a lei, l’abbracciavo e le dicevo che era la mamma più bella e brava al mondo. Però non si è mai capacitata sul fatto che io amassi così tanto gli animali. Eppure lei era una gattara come me: “Io capisco voler bene agli animali, ma tu sei malata!”. E non si capacitava neanche al fatto che a 20 anni suonati pensassi più agli animali che:

  • agli uomini: “Alla tua età nel letto dovresti avere un uomo, non un gatto” mi disse una volta che entrò in camera mia e mi vide a letto con il gatto, che era poi Fragolino, che divenne in effetti il mio grande compagno di vita (la sua storia l’ho raccontata nel post È scomparso Fragolino, gatto viaggiatore in business class); per arrivare all’arrivo di Marta, la tigre: “A 19 anni dovresti correre dietro agli uomini non alle tigri!”.
  • a farmi una famiglia (“Non capisco perché per strada i bambini non li guardi nemmeno, come passa un cane gli salti addosso”).

E se tutte queste cose le diceva una mamma, è chiaro quanto potesse essere e sia grande e infinito il mio amore per gli animali. “Mamma, vuoi mettere una tigre con un uomo???” le rispondevo io. Da questo punto di vista sono stata un gran fallimento per mia mamma: mi voleva sposata, casalinga e con figli. Ho fatto tutto il contrario: non mi sono sposata, sono una pessima casalinga e ho la casa piena di animali.

Quando una volta si andava in villeggiatura (nelle Langhe)

Ritorniamo a Marta, la mia piccola Martina. Come tutti gli anni, anche quell’anno, il 1993, ero in villeggiatura a Murazzano. Sarebbe anche stato l’ultimo anno di villeggiatura nelle Langhe. Noi (io, mio fratello e mia sorella) eravamo oramai grandi e i miei genitori non avevano più molta voglia di spostarsi (mio papà era anziano, avendomi messa al mondo a 50 anni!). Quell’anno, come arrivai andai a salutare il mio amico, la cui famiglia era appunto proprietaria di un Parco Safari, che mi disse subito che doveva presentarmi Marta, un cucciolo di tigre di tre mesi. Non ci potevo credere. Non stavo più nella pelle. Mi portò da lei, che era nel bar a zampettare o a rilassarsi sul frigo dei gelati, e fu subito amore infinito a prima vista.

Marta: tigre cresciuta a suon di biberon da un litro e mezzo

Marta aveva tre mesi. La sua mamma aveva partorito due cuccioli: lei e il suo fratellino. Che però purtroppo lo aveva ucciso. Per evitare che anche lei facesse la stessa fine, è intervenuto il veterinario che riuscii a prelevare Martina. Che da quel momento ebbe genitori umani e attorno a lei tante persone che la riempivano d’amore. Ma, c’era un ma. Bisognava giustamente allattarla. Mi ricordo che la mamma umana mi diceva che le stava costando una fortuna, ma lo diceva un senso buono, perché avere nella propria vita un cucciolo di tigre non poteva che essere una esperienza meravigliosa. Marta era una tigre che doveva crescere. Come tutti i cuccioli non mangiava da sola e non conosceva ancora l’odore forte della carne. E quindi come i neonati e i cuccioli di animali veniva semplicemente allattata a suon di biberon di latte e omogeneizzati. Con la differenza che i suoi biberon erano da un litro e mezzo (vedi la cover e la foto sotto). E di biberon così durante il giorno se ne mangiava abbastanza. Prima di darglielo le dovevo dire di sedersi e stare ferma, e mi ascoltava. Mi offrii volontaria per fare la tata a Marta. Andavo ogni giorno, da giugno a settembre, ad allattarla e trascorrevo tutti i pomeriggi con lei in quel Parco Safari delle Langhe.

donna che allatta tigre di un parco safari

Io mentre allatto la bellissima Marta

Marta: tigre di un parco safari che amava i polpacci dei turisti

Un cucciolo di tigre, quando nasce, è come un gattino. Quando è cucciolo si comporta esattamente come un cucciolo di gatto. Marta era giocherellona e talvolta dispettosa. Mi ricordo che aveva un debole: i polpacci. Come vedeva un polpaccio transitare era la fine. Già, perché Marta essendo cucciola era ancora innocua quindi le era permesso gironzolare liberamente nel bar del Parco Safari in mezzo ai turisti. Quindi come vedeva transitare un polpaccio di un turista o non, gli si lanciava letteralmente contro afferrandolo con i suoi dentini ancora da latte. Qualcuno rideva, qualcun altro rideva un po’ meno.

Una volta, però, la vidi davvero brutta…

Una volta però la vidi davvero brutta. Ero da sola con lei poco lontana dal bar. E siccome aveva il debole per i polpacci e parti simili, mi afferrò con i denti un seno. Ma a differenza delle altre volte quando la vittima era il polpaccio, quella volta non aveva alcuna intenzione di mollare la presa. Che mi avesse davvero scambiata per la sua mamma? Dopo un po’ iniziai a preoccuparmi: ora rimango mutilata, me lo sento. A un certo punto passa un turista tedesco che iniziò a urlare: non capisco il tedesco, ma intesi che era assai preoccupato per il mio seno. E invece di andare a chiamare qualcuno rimaneva lì fermo paralizzato. A un certo punto per fortuna mi venne un lampo di genio, che in realtà era un trucco che mi disse il mio ex cognato in questi casi: dovevo tapparle il naso, così dopo un po’ sarebbe stata costretta ad aprire la bocca per respirare. E così feci e Marta per fortuna mollò il mio seno. Quel trucco me lo porto ancora dietro e lo applico oggi con i cani quando non mollano una presa. Funziona alla grande.

Marta aveva un bel caratterino ed era troppo vivace

Marta però inizia a crescere e anche velocemente. Passa da un cucciolo di gatto senza unghie e con denti da latte super giocherellona a un cucciolo di tigre con unghie e denti non più da latte ma sempre super giocherellona. A sei mesi, ed era settembre, non era più pensabile giocare con lei: anche se per lei la vita era ancora tutto un gioco innocuo, le sue unghie e i suoi denti non la pensavano allo stesso modo. In più, Marta, come tutte le donne (lo vedo con i miei cani e gatti clienti di sesso femminile, li trovi nella pagina I miei pet clienti) aveva anche un bel caratterino ed era davvero troppo vivace. E così Marta venne messa già all’interno del parco, in libertà. Da quel giorno persi la mia compagna di gioco e anche la villeggiatura quell’anno finì.

Marta: tigre di un parco safari che non dimenticò la sua tata (io)

Ma il bello non era finito. Leggi quello che ti sto per scrivere. Qualche anno dopo, un giorno, decisi di ritornare a Murazzano. Il mio primo pensiero andò a lei, a Marta. Così andai al Parco Safari. Rividi il mio amico e la sua famiglia. Nel bar, appese, c’erano ancora le foto di me con Marta. Il mio amico mi disse: “Marta ha partorito un po’ di cuccioli… Vieni, ti porto da lei”. Mi portò dove ovviamente l’accesso era vietato ai turisti;  ma io ero io, quella che per mesi aveva allattato Marta. “Vai, Marta è lì dentro”. Era in una gabbia particolare, nel fondo, con i suoi cuccioli. Mi avvicinai alla grata della gabbia, ci appiccai il viso, per vederla bene. “Martaaaaaaaa!”. Esclamai. Era cresciuta tantissimo. Era enorme. Una gran bella tigre. Lei mollò lì i suoi cuccioli e venne verso di me. Appiccicando a sua volta il muso al mio ed emettendo dolcissime vibrazioni simili alle fusa di un gatto. Mi misi a piangere, perché non potevo pensare che una tigre potesse arrivare a tanto. “Non ti dimenticare che le hai dato il biberon per mesi!” mi disse il mio amico. Poi Marta mi salutò: era diventata mamma e doveva ritornare dai suoi cuccioli. Da quel giorno, non la rividi più. Un giorno scrissi una email al mio amico, che non vedevo e sentivo da tempo, per chiedergli come stava e come stava Marta. Marta era diventata anche nonna. Ma come tutti gli esseri viventi non era eterna. E così un giorno decise di riposare per sempre. E scoppiai nuovamente a piangere.

Non è da tutti amare gli animali. Mi rendo conto di amarli tanto, forse per qualcuno troppo. Non c’è giusto o sbagliato. C’è il proprio modo di essere. Però io mi auguro che tutti possano un giorno vivere una esperienza pelosa con qualsiasi tipo di animale. Semplicemente affinché capiscano che cosa vuole dire amare veramente.

E tu, hai mai avuto esperienze di questo tipo? Raccontamelo nei commenti.

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    Foto: Io e Marta